Il fenomeno Tripadvisor: libera informazione o concorrenza sleale?

La normativa in materia di pratiche commerciali ha un duplice scopo: tutelare gli interessi dei consumatori da un lato, e preservare la correttezza, competitività e trasparenza del mercato intero dall’altro. Il consumatore pertanto non è l’unico destinatario della tutela volta a scongiurare pratiche commerciali scorrette, in quanto attraverso la protezione e salvaguardia dei suoi interessi si garantisce, altresì, una libera competizione tra imprese.

La normativa europea in materia, recepita dall’ordinamento italiano, vieta le pratiche commerciali sleali e precisa che tale slealtà deriva dalla loro attitudine e/o idoneità a falsare o alterare in modo apprezzabile la decisione finale del consumatore in merito all’acquisto.

Recentemente è all’attenzione della cronaca e degli operatori del diritto il fenomeno della “commercializzazione in rete”, ossia attraverso l’utilizzo di Internet per lo scambio di beni e servizi.

Tale fenomeno pone una serie di problemi giuridici legati all’ esigenza di tutelare i consumatori dal pericolo di condizionamento e/o alterazione/falsa rappresentazione della realtà commerciale proposta onde consentire a chi utilizza la rete internet per acquisti di poter compiere scelte consapevoli in base alle proprie esigenze e volontà.

È in questo quadro, dunque, che si inserisce la pronuncia dell’Agcm (Autorità Garante per la Sicurezza e per il Mercato) del dicembre 2014 in merito all’attività svolta dalla piattaforma di TripAdvisor, la più grande community per turisti/viaggiatori che pubblica le recensioni degli utenti su hotel, ristoranti e attrazioni turistiche. La diffusione di informazioni ingannevoli tramite le recensioni pubblicate e la mancanza di strumenti di controllo da parte della piattaforma inidonei a contrastarle, secondo l’antitrust italiana integrano una pratica commerciale scorretta ai sensi e per gli effetti degli artt. 20, 21, 22 c. cons. Ciò in quanto la condotta di TripAdvisor risulta (i) contraria alla diligenza professionale nonché (ii) idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio. Le recensioni false possono infatti condizionare il comportamento economico dei consumatori, che sono quindi indotti a ritenere che quello offerto da TripAdvisor sia un servizio imparziale e affidabile, danneggiando di conseguenza tanto la struttura del sito stesso, quanto il corretto funzionamento del mercato.

L’Agcm pertanto ha condannato TripAdvisor al pagamento di una sanzione amministrativa di euro 500.000 ed all’adozione di “iniziative idonee a rimuovere l’ingannevolezza delle informazioni, divulgate mediante il sito, con le quali vengono enfatizzate la veridicità e l’affidabilità delle recensioni dei consumatori”.

La sent. n. 9355 del 13 luglio 2015, emessa dal T.A.R. Lazio, adito dalla società TripAdvisor per l’annullamento del precedente provvedimento di condanna, ha, invece, completamente ribaltato la lettura dell’Agcm negando, di fatto, la responsabilità del titolare di un sito internet per recensioni fatte da utenti dello stesso e pubblicate sul sito.

Nel caso in esame, infatti, il Tar non ha ravvisato nella condotta di TripAdvisor una pratica commerciale scorretta, poiché ha ritenuto sufficienti ad eliminare il rischio di condizionamento del consumatore sia le indicazioni istruttive presenti sul sito circa l’impossibilità per TripAdvisor di verificare la veridicità delle recensioni, sia la precisazione del fatto che le recensioni in esame sono mere opinioni provenienti dagli utenti e non da esperti del settore. Il giudice amministrativo ha ritenuto altresì che la corretta modalità di utilizzo delle suddette informazioni per verificarne l’efficacia debba essere parametrata alla quantità e alla media “ponderale” delle stesse non essendo possibile limitarsi alla lettura isolata di una recensione.

Pare pertanto che la questione sia attualmente ancora dibattuta, dal momento che il legislatore si trova di fronte a diversi interessi in gioco:

  • la libera circolazione di informazioni provenienti “dal basso”
  • la libera attività di impresa
  • la tutela della concorrenza e dei consumatori

Interessante può essere osservare come altri paesi hanno affrontato la questione. Per esempio negli Stati Uniti, la Federal Trade Commission (l’Agenzia governativa preposta al controllo delle pratiche commerciali) ha emanato una serie di raccomandazioni rivolte al mondo virtuale atte a promuovere onestà e trasparenza nella blogosfera e ha previsto sanzioni pecuniarie (fino a 11 mila dollari) in caso di pratiche commerciali scorrette; in  Francia, invece, esiste una legge in cui si stabilisce che “tutta la pubblicità accessibile come servizio di comunicazione al pubblico on line deve rendere chiaramente identificabile la persona fisica o giuridica per conto della quale è realizzata”.

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